REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO Dl ANCONA
SEZIONE 1 CIVILE
Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei Sigg.
magistrati
Dott. Gianmichele Marcelli – Presidente
Dott. Ugo Pastore – Consigliere est.
Dott. Pier Giorgio Palestini – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1596
del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno
2016 e promossa
DA
………………………
APPELLANTE
CONTRO
……………………….
APPELLATA
oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro
n. 545/2016 del 8.7.2016 in materia di locazione
Conclusioni: vedi verbale udienza di discussione del
23.5.2017
RAGIONI Dl FATTO E Dl
DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso della domanda depositato il 4.9.2015, previa
inutile espletamento del procedimento di mediazione, adiva il Tribunale di
Pesaro chiedendo la condanna di …….
—al risarcimento ex art. 3 commi 3 e 5 legge n. 431/1998 in
misura di euro 17.532 ,pari a 36 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, per
aver alienato l’immobile di sua proprietà disdettato alla scadenza oltre i 12
mesi dal riacquisto della disponibilità .
Ritualmente costituitasi , la ……… chiedeva il rigetto
della domanda sul presupposto che il termine annuale per
la vendita decorresse dalla chiusura della procedura
giudiziaria .
All’esito del giudizio, espletato inutilmente il tentativo
di mediazione, il Tribunale rigettava la domanda e condannava l’attore alla
rifusione delle spese di lite.
Avverso la sentenza proponeva appello il lamentando l’erroneo
apprezzamento della decorrenza del termine annuale e dell’avvenuta
contestazione della riconsegna delle chiavi dell’appartamento nonché la tardiva
costituzione della convenuta in primo grado e chiedendo l’accoglimento della
domanda azionata con vittoria di spese .
Si costituiva ritualmente la ………………. contestando l’appello e
chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
All’udienza del 23.5.2017 sulle conclusioni delle parti di
cui al verbale in atti la Corte ha deciso dando lettura del dispositivo di
seguito riportato.
La Corte rileva d’ufficio l’improponibilità della domanda
azionata per omesso rituale espletamento della procedura di mediazione,
erroneamente non apprezzato, come d’obbligo, dal primo giudice. Dal verbale
dell’unico incontro fra le parti presso l’organismo di mediazione e
conciliazione del Foro di Pesaro avvenuto in data 22.7.2015, si evincono
infatti l’ingiustificata mancata partecipazione personale della parte istante l’assenza
di qualsiasi parte del mediatore, di ottenerne la presenza.
In base all’art. 8 D.lgv. n. 28/2010 l’obbligo di preventiva
mediazione può ritenersi osservato solo in caso di presenza personale della
parte o di un suo delegato, diverso dal
difensore, e non in caso di comparsa esclusivamente del difensore, posto
che scopo della mediazione è quello di riattivare la comunicazione fra i
soggetti in conflitto al fine di metterli nelle condizioni di verificare la
possibilità di una soluzione concordata.
D’altro canto non avrebbe senso imporre un incontro fra i
soli difensori e il mediatore per un’informativa del tutto inutile e un
tentativo di conciliazione che gli stessi potrebbero attuare direttamente senza
particolari formalità e inutili esborsi .
Ciò posto, la Corte,
alla luce del dato letterale dell’art. 5 D.lvo n. 28/2010, ritiene che la tempestiva rilevabilità d’ufficio dell’improcedibilità
per difetto di mediazione sia obbligatoria per il giudice, trattandosi di un
indefettibile presupposto per l’inizio o la prosecuzione del processo (art.
5 comma I bis D.lgv. n. 28/2010: l’esperimento procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda giudiziale” ).
Ne deriva che, indipendentemente dalle doglianze delle parti
, laddove essa non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non possa
ritenersi precluso al giudice d’appello di apprezzarne, d’ufficio, l’
insussistenza, anche in termini di validità.
Infatti se da un lato l’art. 5 comma 1 D.lgv. n. 28/2010
prevede che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza
o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza ( la suprema Corte
con ordinanze n. 19410/2010 e 1 167/2007 si è espressa nel senso di una
configurazione sostanziale e non formale del concetto di prima udienza facendo
riferimento all’udienza ex art. 183 c.p.c. ), la stessa norma prevede anche che
il giudice, rilevato d’ufficio il mancato valido esperimento della mediazione,
assegni alle parti un termine di 15 giorni per provvedere, il che fa presumere
che tale previsione di decadenza sia funzionale a sanare il vizio e non a
impedirne la successiva declaratoria ai fini della procedibilità della domanda.
D’altro canto la possibilità, prevista dal comma 2 dello
stesso articolo, che il giudice d’appello possa, al di fuori dei casi di
obbligatorietà della mediazione previsti dal comma I bis, disporre d’ufficio l’esperimento
del procedimento di mediazione – che diviene in tal caso condizione di o
procedibilità della domanda anche in appello – da un lato conferma il particolare favore attribuito dal legislatore all’istituto come modalità privilegiata di risoluzione, anche in sede di gravame,
di alcune controversie civili e dall’altro autorizza un allargamento, non
espressamente precluso, delle possibilità per il giudice dell’impugnazione di
rilevare l’ impossibilità di una pronunzia nel merito per violazione delle
condizioni di legge per promuovere giudizialmente la domanda.
Diversamente opinando, ove ciò si ritenesse precluso, si
verrebbe a determinare un vulnus per la stessa previsione deflattiva di
obbligatorietà dell’istituto laddove le parti si accordino o di fatto
addivengano ad una
elusione della previsione confidando sull’omesso
apprezzamento da parte del giudice del mancato esperimento o della irritualità
della mediazione effettuata..
Non appare superfluo sottolineare come a conferma della
portata cogente dell’obbligo di mediazione — introdotto dal legislatore per e
materie espressamente previste e che non può quindi tollerare limiti di
rilevabilità – militi anche la significativa previsione del comma 4 bis dell’art.
8 del D.Lgv. n. 28/2010 sulla possibilità per il giudice di sanzionare l’ingiustificata
partecipazione di una parte al procedimento e di valorizzarla ex art. 116 comma
2 c.p.c. nel successivo giudizio.
Appare illogico che
il giudice dell’appello, una volta apprezzata la nullità della pronunzia di
merito di primo grado per non avere il giudicante rilevato doverosamente l’irritualità
della mediazione consentendone l’eventuale sanatoria, riesaminasse il merito
della domanda in difetto di rituale mediazione.
D’altro canto la specifica esclusione dalla previsione dell’art.
5 comma 2 richiamato delle ipotesi di mediazione obbligatoria porta a ritenere
che non sia consentito al giudice del gravame sanare d’ufficio il vizio di
procedibilità mettendo le parti in condizione di sanare l’omessa o irrituale
mediazione .
Neanche può considerarsi ostativa di una pronunzia di
improcedibilità la previsione dell’art. 101 comma 2 c.p.c. , posto che la
questione rilevata d’ufficio da questa Corte è di mero diritto attinendo alle
condizioni di legittimità della mediazione, e non comporta apprezzamenti di
fatto tali da determinare esigenze di integrale contraddittorio fra le parti e
nei confronti del giudicante.
Ciò posto, all’apprezzamento della nullità della pronunzia
di primo grado e dell’improcedibilità della domanda azionata consegue l’opportunità
di compensare fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio .
Infatti se
virtualmente potrebbe considerarsi soccombente l’attore in primo grado per non
aver ingiustificatamente partecipato personalmente alla mediazione cagionandone
l’irritualità , d’altro canto la stessa parte convenuta , non manifestando
disponibilità in sede di mediazione e non promuovendo tempestivamente l’
eccezione di irritualità in primo grado, ha contribuito all’elusione o
sostanziale dell’obbligo di legge così manifestando un’ingiustificata
indisponibilità ad un superamento concordato delle ragioni di conflitto.
PQM
La Corte, definitivamente pronunziando, in riforma dell’impugnata
sentenza dichiara l’improcedibilità della domanda, compensa integralmente fra
le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio e condanna l’appellante al
versamento in misura doppia del contributo unificato.
Ancona lì, 23 maggio
2017
Il CONSIGLIERE est. Ugo Pastore
IL PRESIDENTE
Gianmichele Marcelli
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Corte di Appello di Ancona, sentenza del 23-05-2018